Prescrizione e decadenza. La postalizzazione - Avvocato Penalista Napoli e Isernia. Avvocati Penalisti Napoli

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Prescrizione e decadenza. La postalizzazione

Rubrica a cura del
Dott. Giuseppe Di Nardo
già Magistrato di Cassazione e Giudice Tributario
 
POSTALIZZAZIONE, DECADENZA E PRESCRIZIONE
(Aggiornamento Settembre 2017)

1) Postalizzazione solo per la decadenza e per gli atti processuali

Il problema della scissione soggettiva del procedimento notificatorio (c.d. postalizzazione), ovvero della diversa decorrenza degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, si pose originariamente con specifico riferimento alla decadenza per il compimento di atti processuali.
Invero gli artt. 1334 e 1335 del codice civile sanciscono il generale principio della ricettizietà degli atti unilaterali in base al quale gli atti predetti producono effetti dal momento in cui pervengono a conoscenza del destinatario, presumendosi la conoscenza (salvo prova contraria) quando giungono all’indirizzo dello stesso.
Orbene, nella vigenza del predetto principio,  al fine di salvaguardare l’interesse del notificante a non incorrere nella decadenza per gli atti processuali, a causa dell’esito intempestivo del procedimento notificatorio per la parte sottratta alla sua disponibilità, la Corte Costituzionale, con la sentenza n.477/2002, dichiarò costituzionalmente illegittimi l’art.149 c.p.c e l’art.4, comma 3, L.890/82 (notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziali), nella parte in cui era previsto che la notificazione si perfezionava per il notificante alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, a condizione, veniva precisato, del successivo perfezionamento del procedimento notificatorio  anche nei confronti del destinatario, in modo da non pregiudicare comunque l’interesse di costui.
La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dalla Corte di Cassazione facendo rilevare che l’art.4, comma terzo, della L.890/82, nel disporre che l’avviso di ricevimento costituisce prova dell’eseguita notificazione, non consentiva interpretazione diversa da quella secondo cui gli effetti della notificazione a mezzo posta si producevano, anche per il notificante, solo con la consegna del plico al destinatario, in tal modo ledendo il diritto di difesa, ex art.24 Cost., e ostacolando il diritto di impugnazione per colui che, risiedendo in luogo diverso da quello in cui doveva essere eseguita la notificazione, si avvalesse della notificazione a mezzo posta, restando esposto alla disorganizzazione ed inefficienza degli uffici postali.
Il Giudice rimettente aveva anche rilevato che diversamente era previsto per le notificazioni effettuate ex art.140 c.p.c.  nonchè per le notificazioni dei ricorsi amministrativi e per quelle eseguite nell’ambito del contenzioso tributario, notificazioni per le quali era previsto il perfezionamento  alla data della spedizione delle raccomandate con avviso di ricevimento.
Pertanto aveva prospettato  altresì la violazione del principio di uguaglianza  ex art.3 Cost., poiché erano disciplinate in modo diverso fattispecie analoghe, escludendosi solo in alcune l’esposizione del notificante al rischio del disservizio postale.
La Consulta premetteva che già in una precedente sua sentenza (n.69/94) aveva affermato, in tema di notificazioni all’estero, che gli artt.3 e 24 Cost. impongono che “le garanzie di conoscibilità dell’atto, da parte del destinatario, si coordinino con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri di impulso” ed aveva individuato “… come soluzione costituzionalmente obbligata…quella desumibile dal principio della sufficienza del compimento delle sole formalità che non sfuggono alla disponibilità del notificante”.
Nella sentenza n.477/2002 era testualmente precisato che il detto principio “per la sua portata generale, non può non riferirsi ad ogni tipo di notificazione, e dunque anche alle notificazioni a mezzo posta, essendo palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante che un effetto di decadenza possa discendere…dal ritardo nel compimento di un’attività riferibile non al medesimo notificante, ma a soggetti diversi (l’ufficiale giudiziario o l’agente postale) e che, perciò, resta del tutto estranea alla sfera di disponibilità del primo”.
Per effetto della predetta sentenza  della Consulta con la legge n.263/2005 era aggiunto un terzo comma all’art.149 c.p.c. che testualmente dispone “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto”.
E’ questo il c.d. principio della postalizzazione o del doppio binario che, per il perfezionamento della notifica, pone un doppio criterio: quello della spedizione per il mittente e quello della ricezione per il destinatario, in tal modo salvaguardando sia il primo che il secondo dal possibile effetto della decadenza nel compimento di atti processuali.
Il principio, come accennato, era già stato enunciato per il processo tributario nel quinto comma dell’art. 16 del Dlgs.546/92 ove è disposto che “Qualunque comunicazione o notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione o dalla comunicazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto”.
Per quanto concerne la notificazione degli avvisi e degli altri atti di diritto tributario (atti non processuali) che devono essere notificati al contribuente la disciplina, già prevista dall’art.60 del DPR 600/73 che rinvia agli artt.137 e sgg. del c.p.c. con alcune modifiche precisamente indicate, veniva integrata con l’aggiunta al cit. art.60 di un ultimo comma (il sesto) ad opera dell’art.37, comma 27, lett.f, del D.L. 223/2006, che così dispone: “Qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data di spedizione:i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto”.
E’ bene, a questo punto, ricordare che, come già evidenziato in precedenza, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, anche a mezzo posta, era stato posto dalla Consulta con riferimento agli atti del processo civile e all’istituto della decadenza, onde l’agevole deduzione che le innovazioni legislative predette, inclusa quindi quella contenuta nell’art.60 cit., non potevano che avere riferimento unicamente all’istituto della decadenza.
Come sarà di seguito esposto la prevalente giurisprudenza riterrà applicabile il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione solo agli atti processuali e, comunque, sempre in relazione alla decadenza e mai (esclusa una isolata pronuncia) alla prescrizione.

2) Il contrasto giurisprudenziale sulla postalizzazione per gli atti sostanziali

Nella sentenza n.15617/2005 della III Sez della Cassazione si afferma che per gli atti unilaterali di natura sostanziale (nella specie si trattava di una intimazione di pagamento) ai fini della integrazione dell’efficacia si applicano le regole di cui agli artt.1334 e 1335 c.c. e non quelle per le notificazioni a mezzo posta dettate dalla l. 890/82 come emendata dalla sentenza della Corte Costituzionale precisandosi che “Dette norme, come è noto, stabiliscono rispettivamente che l’efficacia degli atti unilaterali recettizi si verifica al momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati e che, allorquando giungono all’indirizzo del destinatario si reputano da questi conosciuti, se egli non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne avuto notizia (c.d. presunzione di conoscenza)”.
Nella successiva sentenza n.17644/2008  la Corte, nel trattare della decorrenza dell’ interruzione della prescrizione mediante un atto di messa in mora, dopo avere premesso che l’illegittimità parziale della norma sulle notificazioni a mezzo del servizio postale era stata dichiarata dalla Consulta “innanzitutto per violazione dell’art.24 della Costituzione, vale a dire per mancato rispetto del diritto alla difesa in giudizio”, precisava che “Questa esigenza non sussiste quando quello trasmesso a mezzo del servizio postale sia un atto stragiudiziale”.
Il Giudicante si curava di indicare la ratio della diversa regolamentazione della efficacia degli atti processuali rispetto a quelli sostanziali affermando che, per quanto concerne l’atto interruttivo della prescrizione “Il legislatore ha ritenuto di privilegiare…l’interesse del destinatario alla certezza del diritto (a sapere cioè se la prescrizione sia stata tempestivamente interrotta, oppure il rapporto sia ormai definito), rispetto all’interesse contrapposto del mittente ad interrompere la prescrizione, ma questa scelta non appare irragionevole in un equo contemperamento degli interessi contrapposti, perché il mittente ha la possibilità di agire con la dovuta tempestività, e, per effetto del coordinamento tra gli artt.1334 e 1335 c.c., non è strettamente necessario che l’interruzione sia effettivamente conosciuta dal destinatario, ma che la richiesta pervenga al suo indirizzo in tempo utile”.
Tuttavia, come meglio si vedrà di seguito, a parte le varie sentenze in cui si afferma che il principio di scissione degli effetti della notificazione è applicabile unicamente agli atti processuali e non a quelli sostanziali, la distinzione tra gli atti predetti nella successiva giurisprudenza non appare più rilevante mentre l’attenzione viene posta maggiormente sulle conseguenze derivanti dalla omissione dell’atto, nel senso di ritenere applicabile il principio della scissione (efficacia con la mera spedizione per il mittente) se l’omissione comporta la decadenza e, invece, nel ritenere l’applicabilità degli artt.1334 e 1335 c.c. (ovvero efficacia solo con la ricezione da parte del destinatario) in caso di prescrizione.
Invero nella materia tributaria giova ricordare quanto si afferma nella sentenza della Cass. n.15298/2008 ovvero  che “…la sentenza C. Cost 477/2002…benché emessa specificamente in tema di notifica di atti giudiziari esprime un principio generale in virtù del quale la notificazione, purchè andata a buon fine, si perfeziona per il notificante, non alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario, bensì a quella antecedente di consegna all’ufficiale giudiziario.
Lo stesso principio generale vale quindi per la notificazione a mezzo posta degli avvisi di accertamento tributari atti di natura amministrativa non processuale né specificamente funzionale al processo, ai quali risultano tuttavia applicabili, in tema di notifica, principi e regole proprie del diritto processuale (S.U. 1985/2004) sicchè deve ritenersi tempestiva la notificazione di essi, eseguita per posta, se ne fu effettuata in termini la spedizione (Cass. n.1647/2004); fermo restando che l’ufficio deve fornire la prova dell’avvenuta ricezione dell’atto (mediante esibizione dell’avviso di ricevimento) o dell’avvenuto compimento delle formalità prescritte, in caso di mancata consegna del piego o di rifiuto di riceverlo”.
Ancora nella materia tributaria, e molto più incisivamente, nell’Ordinanza n.351 del 2014 il Giudice di legittimità, dopo avere premesso che “Il principio secondo cui gli effetti della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale si producono per il notificante al momento della consegna del piego all’ufficiale giudiziario (ovvero al personale del servizio postale) e per il destinatario al momento della ricezione ha carattere generale e trova applicazione non solo con riferimento agli atti processuali, ma anche con riferimento agli atti di imposizione tributaria” ribadiva che “…è tempestiva la spedizione dell’avviso di rettifica effettuata prima dello spirare del termine di decadenza gravante sull’ufficio, a nulla rilevando che la consegna al destinatario sia avvenuta successivamente a tale scadenza (Cass.15298/2008 e Ord.26053/2011). E’ rimasto precisato che la natura sostanziale e non processuale  (né assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria, non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria, e ciò alla luce del chiaro riferimento contenuto nel DPR 29 settembre 1973 n.600 art.60 alle norme sulle notificazioni nel processo civile… sicchè non resta che ritenere che il principio di cui qui si fa applicazione si sia generalizzato e consolidato in relazione a qualsivoglia forma di notificazione e comunicazione che abbia rilievo anche indiretto ai fini processuali”.
E’ opportuno, a questo punto, chiarire che è certamente appropriato il richiamo fatto dalla predetta Ordinanza n.351/14 all’art.60, ult. comma, del DPR 600/73, essendo in discussione l’impedimento della decadenza, poiché la indicata disposizione, secondo la quale “Qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione: i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto” è dettata evidentemente ai fini della decadenza e non certo della prescrizione come è agevolmente deducibile sia da quanto indicato in precedenza nel par.1 (innovazione legislativa per adeguamento alla sentenza n.477/2002 della Consulta riferita alla sola decadenza), sia dalla considerazione che essa disposizione è contenuta nel testo normativo che disciplina l’accertamento delle imposte sui redditi (TUIR) ed ha chiaro riferimento  al precedente art.43 nel quale sono indicati i vari termini previsti per la notifica degli avvisi di accertamento, termini tutti previsti a pena di decadenza.
Del pari con la recentissima sentenza n.385/2017 la Suprema Corte afferma che il termine quinquennale  di cui all’art.1, comma 161, L. 296/2006, previsto per la notifica degli avvisi di accertamento in materia di ICI, costituisce termine di decadenza che “non risultava ancora decorso al momento della spedizione”, onde la tempestività della notifica dell’atto impositivo considerando la data di spedizione dello stesso..
Identico concetto era espresso nella sentenza n.9311/2003 relativamente al termine decadenziale di anni tre per la presentazione da parte del contribuente dell’istanza di rimborso del tributo per l’iscrizione al registro delle imprese: la notifica era considerata tempestiva in base alla data di spedizione.
E’ bene chiarire, a questo punto, che Il principio della scissione soggettiva della notificazione degli atti tributari, è applicabile, evidentemente, nella ipotesi in cui l’Amministrazione Finanziaria  si avvalga per la notifica dell’operato di terzi (ufficiale giudiziario o poste) che compiono attività che esulano dalla disponibilità del notificante, poiché nella diversa ipotesi di notifica di atti direttamente al contribuente a mezzo dei messi dell’ufficio finanziario, eventuali ritardi o omissioni rientrano nella diretta responsabilità dell’ufficio stesso che deve sopportarne le conseguenze.
Anche in materia lavoristica la Suprema Corte, nella sua più autorevole composizione (S.U. 8830/2010), aveva modo di affermare che il principio della scissione soggettiva della notificazione è, in via generale, riferibile unicamente alla decadenza e prescinde dalla natura recettizia o meno, dell’atto che viene comunicato.
Si afferma invero nella detta sentenza che l’impugnazione (intesa in senso sostanziale, ovvero come contestazione) del licenziamento spedita al datore di lavoro con raccomandata a mezzo del servizio postale “…deve intendersi tempestivamente effettuata allorchè la spedizione  avvenga entro sessanta giorni dalla comunicazione del licenziamento o dei relativi motivi, anche se la dichiarazione sia ricevuta dal datore di lavoro oltre il termine menzionato, atteso che in base ai principi generali in tema di decadenza enunciati dalla giurisprudenza di legittimità  e affermati, con riferimento alla notificazione degli atti processuali, dalla Corte Costituzionale,  l’effetto di impedimento della decadenza si collega, di regola, al compimento, da parte del soggetto onerato, dell’attività necessaria ad avviare il procedimento di comunicazione demandato ad un servizio –idoneo a garantire un adeguato affidamento- sottratto alla sua ingerenza”.
Con la successiva recentissima sentenza n.12332/17 delle S.U. della Cassazione (dep. il 17 maggio 2017) il principio della scissione soggettiva della notificazione è ritenuto applicabile anche agli atti amministrativi sanzionatori, restandone pertanto esclusi unicamente gli atti unilaterali negoziali (vigendo per questi ultimi la presunzione di conoscenza ex artt.1334 e 1335).
Nella sentenza viene ricordato che il sistema sanzionatorio amministrativo è retto dai principi sanciti dalla L. n.689/81 che, all’art.14, prevede che la notificazione può essere effettuata con le forme previste dal codice di procedura civile e, quindi, anche con il mezzo della posta secondo quanto previsto dall’art.4 L.890/82, quale risultante dalla pronuncia di incostituzionalità di cui alla nota sentenza della Consulta n.477/2002.
Viene quindi evidenziato che “La natura recettizia o meno dell’atto da partecipare (beninteso sempre che non si tratti di atti negoziali…) non è determinante al fine di escludere la separata considerazione degli effetti della fattispecie partecipativa del contenuto dell’atto, atteso che se in tale categoria di atti l’effetto finale si raggiunge solo se vi sia stata conoscenza (legale) del predetto contenuto, ciò non toglie che l’inizio della fattispecie notificatoria (o, più in generale partecipativa del contenuto dell’atto) fa emergere la permanenza dell’interesse alla realizzazione dell’effetto che con essa si vuole perseguire, impedendo così eventuali decadenze in cui l’agente notificatore potrebbe incorrere, non rispettando il termine normativamente imposto per l’esercizio del diritto”.
Precisa quindi la Corte che, ai fini del bilanciamento tra l’interesse del notificante, a non vedersi imputare conseguenze negative per il mancato perfezionamento nei termini del procedimento notificatorio a causa di fatto di terzi, e l’interesse del destinatario, a non essere impedito nell’attuazione dei propri diritti, esercitabili solo a seguito dell’avvenuta conoscenza del contenuto dell’atto sanzionatorio, deve necessariamente ammettersi che “il mancato perfezionamento della fattispecie comunicativa come non può pregiudicare il diritto di difesa dell’incolpato, neppure può determinare decadenza a danno di chi tempestivamente vi ha dato avvio”.
Ma in senso contrario all’affermazione secondo la quale  il principio della scissione sarebbe limitato agli atti processuali vi sono anche sentenze della Suprema Corte che ritengono applicabile il principio predetto, pur sempre limitatamente alla decadenza, anche agli atti extra processuali nella materia del diritto privato.
Si richiamano in proposito, per quanto concerne la denuncia per i vizi della cosa venduta, ex art.1495 c.c., le sentenze della Cass. n.1470/75 e n.539/86 secondo le quali per la denuncia dei vizi, in materia di compravendita, la comunicazione al venditore è ritualmente assolta se l’invio della contestazione è stato posto in essere entro gli otto giorni dalla scoperta, non rilevando la data di ricezione della denuncia da parte del venditore trattandosi di atto giuridico in senso stretto.
Del pari è stato ritenuto applicabile il predetto principio di postalizzazione  relativamente alla denuncia per impedire l’operatività della clausola di rinnovo nei contratti di assicurazione (Cass. 3195/80, 3200/80, 3353/85, 539/86).

3) La concorde giurisprudenza sulla inapplicabilità della postalizzazione per la prescrizione

Per quanto concerne invece l’ applicabilità del predetto principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione in materia di prescrizione, a parte una isolata sentenza (Cass. 18399/2009), la Cassazione si è pronunciata sempre concordemente in senso negativo affermando che “La data di consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto da notificare varrebbe infatti se si trattasse di decadenza, ossia nel caso in cui viene imposto all’interessato di proporre l’azione giudiziaria entro un termine perentorio…poiché però si tratta di estinzione del diritto non già per decadenza ma per prescrizione, l’effetto interruttivo del relativo termine esige, per la propria produzione, che il debitore abbia conoscenza (legale, non certamente effettiva) dell’atto giudiziale o stragiudiziale del creditore” con la precisazione che “In materia di prescrizione, la consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto da notificare non è idonea ad interrompere il decorso del termine prescrizionale del diritto fatto valere, dovendosi ritenere che il principio generale- affermato dalla sentenza n.477 del 2002 della Corte Cost.- secondo cui, quale che sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, non si estenda all’ipotesi di estinzione del diritto per prescrizione”  (Cass. 17644/08, 13588/09, 4587/09, 9841/2010, 26804/2013).
L’ inapplicabilità del principio di scissione soggettiva della notificazione agli atti interruttivi della prescrizione è condivisa  anche da una più recente sentenza delle S.U. della Cassazione (n.24822/2015).
Premette il Giudicante che il principio di postalizzazione, pur essendo potenzialmente applicabile a tutti gli atti (processuali e sostanziali), è da ritenere in concreto applicabile solo agli atti processuali per i quali è concesso un termine di difesa, la cui violazione è sanzionata con la decadenza, e non anche agli atti sostanziali, essendo per questi ultimi impedito dalla regola della ricezione posta dall’art.1334 c.c.
Tuttavia sulla base del criterio di ragionevolezza, utilizzato anche dalla Consulta congiuntamente al diritto di difesa, perviene alla conclusione che la scissione soggettiva della notificazione è da ritenere applicabile anche alla prescrizione allorquando essa non può che essere interrotta con un atto processuale, il che, osserva, si verifica con l’esercizio dell’azione revocatoria ex artt. 2903, 2943 c.c. e 149 c.p.c.
Precisa infatti la Corte che “quando il diritto non si può far valere se non con un atto processuale, non si può sfuggire alla conseguenza che la prescrizione è interrotta dall’atto di esercizio del diritto, ovvero dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica”.
In conclusione con la predetta sentenza 24822/15 si afferma il principio che la scissione degli effetti dell’atto di partecipazione comunicativa deve ritenersi operativo per tutti gli atti processuali sia che abbiano effetti processuali difensivi (perché incidenti sulla decadenza) sia che abbiano effetti sostanziali (perchè incidenti sulla prescrizione).
Relativamente agli atti sostanziali unilaterali si afferma la inapplicabilità del principio predetto poiché “per gli atti sostanziali la tecnica del bilanciamento è preclusa da una norma specifica (art.1334 c.c.): qui il bilanciamento lo ha già fatto il legislatore…l’inequivoco testo della norma…preclude all’interprete ogni diversa interpretazione rispetto a quella fatta palese dal significato delle parole”.
Come è agevolmente rilevabile con la sentenza n.24822/15 la Cassazione, se pure manifesta di adeguarsi all’indirizzo giurisprudenziale che ritiene applicabile il principio della scissione soggettiva solo agli atti processuali, quando afferma che solo eccezionalmente quel principio è applicabile in materia di prescrizione conferma implicitamente, ma in modo inequivoco, che nella generalità dei casi la scissione soggettiva della notificazione non può trovare applicazione in materia di prescrizione.
Tuttavia, come si è già avuto modo di rilevare esaminando il contenuto delle varie decisioni della Suprema Corte, non sembra condivisibile il principio, affermato dalla sentenza S.U. 24822/2015, secondo il quale la scissione soggettiva della notificazione dovrebbe ritenersi operativa solo per gli atti processuali (inclusi quelli produttivi di effetto sostanziale) e non per gli atti extraprocessuali.
Non può non rilevarsi, infatti, che sia nella materia del diritto del lavoro (sent. 6335/09: impedimento della decadenza per il diritto all’indennità sostitutiva della reintegrazione mediante spedizione della raccomandata- art.1 L.108/90; sent. 22287/08: impedimento della decadenza mediante spedizione della raccomandata per contestare il licenziamento –art.6 L.604/66) che nella materia tributaria (Ord. 351/2014: spedizione dell’avviso di rettifica prima dello spirare del termine di decadenza ex art.60 DPR 600/73) e nella più generale materia degli atti amministrativi sanzionatori (S.U. 12332/17), e finanche nella materia del diritto privato (denuncia dei vizi della cosa venduta e denuncia per impedire il rinnovo di assicurazione: Cass. 1470/75, 3195/80, 3200/80, 3353/85, 539/86) il principio della scissione soggettiva della notificazione è stato ritenuto applicabile anche agli atti non processuali, ma sempre con riferimento alla decadenza e mai per la prescrizione.
Ebbene, per le considerazioni che di seguito sono esposte, è da ritenere che il principio predetto sia applicabile a tutti gli atti unilaterali, processuali o extraprocessuali, recettizi o non recettizi, allorquando la loro omissione sia sanzionata con la decadenza, a meno che non sia la stessa legge o una clausola contrattuale a ricondurre tutti gli effetti dell’atto al momento della cognizione dello stesso da parte del destinatario.


4) Postalizzazione solo per la decadenza e per gli atti processuali ma anche, pur se non sempre, per gli atti sostanziali.

E’ da premettere che nella nota sentenza della Consulta n.477/2002  si affermò,  con riferimento alla sola decadenza processuale,  il principio generale, fondato sulla ragionevolezza e sul diritto di difesa (artt.3 e 24 Cost.), secondo il quale in materia di notificazione di atti processuali deve essere attribuita rilevanza agli impedimenti non imputabili al soggetto notificante.
Tuttavia il predetto principio, che la stessa Consulta afferma avere portata generale, deve ritenersi operante non solo nell’ambito del diritto processuale ma anche in quello del diritto sostanziale, essendo del tutto irragionevole che al di fuori del processo un effetto di decadenza possa conseguire ad una attività addebitabile non direttamente all’interessato ma a soggetti estranei.
La stessa Corte Costituzionale, pronunciandosi sul momento perfezionativo della notificazione ex art.140 c.p.c. (irreperibilità o rifiuto) nella sentenza n.3/2010 rilevava che “risulta ormai presente nell’ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi da quella in cui essa si perfeziona per il destinatario, con la conseguenza che…al fine del rispetto di un termine pendente a carico del notificante è sufficiente che l’atto sia consegnato all’ufficiale giudiziario entro il predetto termine…”
E’ invero ben noto che la decadenza costituisce la sanzione che l’ordinamento giuridico fa discendere  dall’omesso assolvimento, da parte dell’interessato, dell’onere di tenere un determinato comportamento per rendersi meritevole della tutela giuridica connessa alla titolarità di un diritto: l’omissione del comportamento richiesto dalla norma induce a ritenere insussistente la meritevolezza per l’attivazione della tutela da parte dell’ordinamento giuridico.
Ai sensi dell’art.2966 c.c. “La decadenza non è impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto” od anche, si potrebbe aggiungere, dal giudice o dall’atto amministrativo.
Orbene la fissazione del termine è il criterio in base al quale viene distinto il confine tra la tutela dell’interesse del titolare ad esercitare il potere e l’interesse della controparte (o anche l’interesse pubblico) a non lasciare a tempo indeterminato (sine die)  la modificazione giuridica.
Tuttavia è fin troppo evidente che, generalmente, se l’atto che si deve compiere consiste in una partecipazione comunicativa il decorso del termine imposto per la decadenza pregiudica direttamente  il titolare (il mittente) e solo indirettamente la controparte (destinatario) che è comunque tutelata poiché la legittima formazione del procedimento notificatorio presuppone che la notificazione si perfezioni anche nei confronti del destinatario, non essendo sufficiente l’intervenuto perfezionamento per il notificante (Corte Cost. n.28/2004).
Pertanto se l’atto richiesto per l’esercizio del potere è  atto recettizio, la ricezione non rileva, in via generale, ai fini dell’impedimento della decadenza, poiché l’atto è da considerare già esistente e impeditivo della decadenza, mentre la condizione di efficacia della ricezione è del tutto estrinseca alla decadenza per la quale la fissazione del termine concerne unicamente il compimento dell’atto e non certo l’efficacia della dichiarazione, e tanto anche nel rispetto del principio di buona fede.
E’ infatti del tutto evidente che se dovesse aversi riguardo alla data della ricezione sarebbe irrimediabilmente aggravata la posizione dell’onerato: costui dovrebbe sopportare i rischi di ritardi a lui non imputabili, con conseguente incertezza circa il termine in cui potere esercitare il diritto.
Si considerino, ad esempio, gli atti tributari impositivi che hanno prevalentemente natura recettizia: è certamente vero che essi si perfezionano solo con la notifica al contribuente, ma da tanto non consegue affatto che, se la notifica sia comunque avvenuta, gli effetti relativi non siano retrodatabili, per l’ente impositore, alla data di inizio del procedimento notificatorio, e quindi, in caso di utilizzo del servizio postale, alla data della spedizione.
Invero il principio di rilevanza della spedizione consegue al generale principio di rilevanza dell’attività dell’onerato ai fini dell’impedimento della decadenza la cui disciplina non è posta per tutelare il destinatario dell’atto (Cass. 9311/2003, 10476/2003, 12447/2004, 11028/2008): anche se il comportamento che l’onerato deve tenere consiste in una dichiarazione recettizia disciplinata dagli artt. 1334 e 1335 c.c., la detta dichiarazione deve ritenersi già perfetta con la sua emissione poiché la conoscenza di essa da parte del destinatario costituisce non già elemento della dichiarazione ma della fattispecie in cui essa si inserisce.
Tuttavia la regola della irrilevanza della ricezione dell’atto recettizio ai fini dell’impedimento della decadenza  subisce eccezioni in dipendenza del contesto in cui essa decadenza è prevista dalla legge o delle specifiche finalità della recettizietà, sì che in tali ipotesi tutti gli effetti dell’atto recettizio sono ricondotti al momento della conoscenza del destinatario, escludendosi qualsivoglia effetto preliminare ai fini dell’esclusione della decadenza.
Tanto si verifica prevalentemente nella materia contrattuale in cui la formazione del consenso avviene solo con la conoscenza del destinatario.
E’ stato così correttamente ritenuto che la ricezione è necessaria con riferimento al termine per l’accettazione della proposta contrattuale che, ex art.1326, II c., c.c., “deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell’affare o secondo gli usi”.
Del pari è a dirsi per la revoca della accettazione della proposta contrattuale che è efficace “ purchè giunga a conoscenza del proponente prima dell’accettazione, ex art. 1328, II c., c.c., (Cass. 6323/2000).
Anche per quanto concerne il diritto potestativo di riscatto a favore del coltivatore diretto ( art.39 L.392/78, come pure l’art.8 L.590/65) è stato correttamente ritenuto che “…la manifestazione della volontà di riscattare dell’avente diritto, costituente una dichiarazione unilaterale di carattere negoziale, deve pervenire nella conoscenza, ancorché legale e non necessariamente effettiva, del soggetto al quale è diretta entro il termine annuale di decadenza previsto dalla norma, atteso che la ricezione della dichiarazione costituisce un elemento intrinseco alla fattispecie decadenziale, in ragione della coincidenza della conoscenza del destinatario con il momento in cui si realizza il mutamento soggettivo nell’atto di compravendita” rilevandosi la non  applicabilità del principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione non sussistendo da un lato “l’esigenza di salvaguardare il diritto di difesa”  e sussistendo  dall’altro “l’esigenza di tutela del l’affidamento del destinatario sulla permanenza di una situazione giuridica legittimamente acquisita, la cui preminenza non appare irragionevole, atteso che il titolare del diritto di riscatto ha la possibilità di agire con la dovuta tempestività e che, in relazione al disposto di cui agli artt. 1334 e 1335 c.c. perché l’atto produca i suoi effetti è necessario e sufficiente che pervenga all’indirizzo del destinatario in tempo utile” (Cass. n.40/2014).
Infine per l’ipotesi di riscatto di alloggio di edilizia residenziale pubblica (art.38 L.392/78) è stata ritenuta necessaria la ricezione della relativa comunicazione (v. Cass.9303/12) come del resto previsto testualmente dall’art.1503 c.c. “…decade…se entro il termine fissato non comunica”.  
Si ricorda, ancora, che la comunicazione  può essere prevista come necessaria dalla legge o da clausola contrattuale in materia di disdetta dalla locazione: in tal caso si considera  tardiva la disdetta spedita anche prima del termine previsto dalla legge (o maggiore indicato dal contratto) per esercizio della relativa facoltà, ma pervenuta al destinatario successivamente a tale data: se pervenuta fuori dal termine la disdetta può quindi valere solo per il termine successivo  (Cass. 23301/2007 e 8006/2009).
Conclusivamente si può affermare che la decadenza è impedita dal compimento dell’atto da parte del soggetto onerato (mittente); se l’atto ha natura recettizia la sua conoscibilità per il destinatario rileva solo per la produzione degli effetti tipici dell’atto ma non per l’impedimento della decadenza.
Solo allorquando sussista espressa previsione della legge o specifica clausola contrattuale è richiesta la comunicazione dell’atto al destinatario al fine di impedire la decadenza.

4) Postalizzazione solo in via eccezionale per la prescrizione

Del tutto diversa, invece, la regolamentazione in materia di prescrizione dei diritti.
L’art.2934 c.c  prevede l’estinzione del diritto per prescrizione “quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge”.
Al fine di assicurare il rispetto del principio della certezza delle situazioni  giuridiche il legislatore prevede che l’omesso esercizio del diritto per un termine determinato ne comporta la perdita, perdita che va a tutto beneficio del soggetto passivo del rapporto giuridico al quale è concessa la facoltà di opporsi all’esercizio del diritto prescritto sollevando l’eccezione di prescrizione (art.2938 c.c.).
Nella prescrizione estintiva del diritto (così peraltro impropriamente definita poiché l’eccezione di prescrizione è pur sempre rinunciabile dopo che sia compiuta, ex art.2937/II c.c., con conseguente reviviscenza del diritto) prevale l’esigenza di tutelare maggiormente l’affidamento del destinatario della dichiarazione costituente l’atto interruttivo: il detto destinatario, in quanto interessato all’acquisizione di un diritto che non viene da lungo tempo esercitato dal titolare, deve essere posto nella condizione di conoscere se il  titolare abbia o meno compiuto, nel termine previsto dalla legge, atti che ne comportino il mancato acquisto da parte di esso interessato.
Si pensi alla prescrizione del diritto di credito: è da ritenere prevalente l’interesse del debitore a conoscere se la sua obbligazione si sia o meno estinta rispetto all’interesse del creditore che per lungo tempo ha trascurato di esercitare il suo diritto di credito.
Giova a questo punto ricordare il costante (e già in precedenza indicato) insegnamento della Suprema Corte secondo cui “In materia di prescrizione la consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto da notificare non è idonea ad interrompere il corso del termine prescrizionale del diritto fatto valere, dovendosi ritenere che il principio generale- affermato dalla sentenza n.477 del 2002 della Corte cost.- secondo cui, quale che sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, non si estenda all’ipotesi di estinzione del diritto per prescrizione in quanto, perché l’atto, giudiziale o stragiudiziale, produca l’effetto interruttivo del termine, è necessario che lo stesso sia giunto alla conoscenza, (legale, non necessariamente effettiva) del destinatario”  (Cass 14862/09, 18399/09, 9841/2010, 9302/12 e 26804/13).
La predetta giurisprudenza è stata però  delimitata dalla sentenza delle S.U. (24822/2015) che, come già in precedenza rilevato, esaminando un caso di prescrizione dell’azione revocatoria ex art. 2903 c.c., ha affermato che allorquando il diritto può essere esercitato solo con un atto processuale, come si verifica nell’ipotesi della revocatoria, la prescrizione è interrotta con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, ovvero deve ritenersi applicabile il principio della scissione soggettiva della notificazione, fermo restando, quindi, che in tutti i restanti casi previsti dall’art.2943 c.c. per l’interruzione della prescrizione (e quindi anche nelle ipotesi in cui si preferisca l’atto giudiziario pur essendo possibile utilizzare quello sostanziale) è necessario che l’atto interruttivo pervenga nella sfera di conoscibilità del destinatario.
Come è agevolmente desumibile con la citata sentenza delle S.U., indicandosi come ipotesi del tutto eccezionale quella dell’applicabilità del principio della scissione soggettiva della notificazione all’ azione revocatoria, viene confermato il preesistente costante e condivisibile insegnamento giurisprudenziale secondo il quale quel principio non è in generale applicabile in relazione alla prescrizione.
Per la verità nel caso dell’azione revocatoria la affermata applicabilità del principio della scissione soggettiva della notificazione alla prescrizione potrebbe anche ritenersi non configurare una eccezione a quanto in precedenza affermato, ovvero alla ritenuta applicabilità del detto principio unicamente alla decadenza.
Come è ben noto, infatti, l’azione revocatoria (art.2901 c.c.) ha natura costitutiva poiché tende alla attuazione di un diritto potestativo all’esercizio dell’azione diretta alla eliminazione degli effetti dell’atto di disposizione dannoso, diritto “al quale pertanto non corrisponde l’obbligo di un soggetto tenuto ad un comportamento, ma una posizione di mera soggezione all’iniziativa altrui, sicchè non è configurabile l’esistenza di un atto interruttivo del decorso della prescrizione ad eccezione della domanda giudiziale” ( Cass. S.U. 5443/96, Cass. 3379/2007).
Invero il creditore  esercitando l’azione revocatoria chiede che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione con cui il debitore gli ha recato pregiudizio, in modo che sia ripristinata la garanzia patrimoniale, e tanto avviene senza che sia richiesta la cooperazione volontaria del terzo acquirente il quale pertanto non è ritenuto meritevole di alcuna tutela giuridica nei confronti dell’attore.
La situazione è pertanto del tutto diversa da quanto avviene per l’ipotesi della prescrizione, come è stato in precedenza rilevato     
A ben vedere, quindi, il termine per l’esercizio dell’azione revocatoria, nonostante sia  dalla legge definito come termine di prescrizione, ha natura non diversa dal termine di decadenza poiché chi agisce per la revocatoria  esercita non già un diritto di credito alla restituzione di beni o denaro (ipotesi per cui, come già detto, deve tutelarsi prevalentemente l’interesse del debitore) ma un diritto potestativo finalizzato all’ottenimento di una sentenza che modifichi la preesistente situazione  nella sfera giuridica del terzo acquirente, senza che sia in alcun modo richiesto il consenso di costui.
Si tratta pertanto di atto emesso per acquisire il potere ed esercitare il diritto e non già di omesso esercizio di un diritto come avviene nella prescrizione.
Conclusivamente, se è pur vero che sia la decadenza che la prescrizione (istituti che possono coesistere) comportano entrambe l’estinzione del diritto per inerzia del titolare, operando la prima per inottemperanza ad un onere imposto per acquisire il potere di esercitare il diritto  e la seconda quale sanzione per l’omesso esercizio del diritto protratto nel tempo, per la decadenza, che ha prevalente funzione sociale, mediante la scissione soggettiva del procedimento notificatorio sono tutelati in modo paritario sia l’onerato che la controparte. Invece per la prescrizione, che ha prevalente funzione sanzionatoria nei confronti del titolare del diritto, è privilegiato, applicandosi il criterio della ricezione della notificazione, l’interesse del controinteressato alla certezza del diritto, ovvero a conoscere se la prescrizione sia stata o meno interrotta tempestivamente oppure il rapporto sia stato definito, rispetto al contrapposto interesse del titolare del diritto ad interrompere la prescrizione.
Per completezza non può omettersi di rilevare che in talune sentenze della Suprema Corte, relative a ricorsi aventi ad oggetto la tassa di possesso di autoveicoli, il principio di postalizzazione è stato inspiegabilmente ritenuto applicabile alla prescrizione dell’avviso di accertamento.
Come in precedenza esposto l’ esclusione della applicabilità alla prescrizione del principio della scissione soggettiva della notificazione è affermata, per le pienamente condivisibili già indicate ragioni, dalla costante e concorde  giurisprudenza della Suprema Corte, con l’unica eccezione per l’azione revocatoria (S.U. 24822/15).
La predetta esclusione per la prescrizione non può che ritenersi valida anche per gli atti tributari poiché le ragioni poste a fondamento della stessa, ovvero assicurare certezza al destinatario e nel contempo sanzionare il mittente per l’inerzia protratta, valgono indubbiamente anche per la materia tributaria.
Né potrebbe in contrario invocarsi il disposto dell’art. 60, comma sesto, del  DPR 600/73 (che disciplina l’accertamento delle imposte sui redditi) secondo il quale “Qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione”, poiché esso è riferibile, per i motivi già in precedenza indicati, alla decadenza e non certo alla prescrizione.
Ciononostante, del tutto inspiegabilmente e contraddittoriamente, la stessa S.C. (v. sentenze nn. 26053/11, 8298/13, 19441/15 e 8867/16)  ha ritenuto applicabile quel principio in alcuni processi tributari aventi ad oggetto la eccepita prescrizione della c.d. tassa automobilistica.
Come è ben noto per il tributo relativo al possesso di autoveicoli l’art.5 D.L. 953/82 non prevede alcun termine di decadenza per la notifica dell’avviso di accertamento, ma unicamente la prescrizione di anni tre (…si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento”).
Ebbene nelle indicate sentenze la Suprema Corte ha rigettato l’eccezione di prescrizione del tributo facendo rilevare che l’avviso di accertamento, se pure pervenuto all’indirizzo del contribuente oltre la data del 31 dicembre del terzo anno successivo a quello relativo al pagamento del tributo stesso, tuttavia risultava postalizzato (ovvero consegnato all’organo competente per la notifica) entro quella data.
Le sentenze predette lasciano perplessi anche perché in esse si citano come precedenti giudiziali decisioni della stessa S.C. nelle quali, però, era stato applicato il principio della postalizzazione in relazione alla decadenza e non  alla prescrizione (sent Cass. nn. 15298/08. 11457/12, 22320/14).

Giuseppe Di Nardo
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