Giurisprudenza notifica avvisi impoesattivi
Rubrica a cura del
Dott. Giuseppe Di Nardo
già Magistrato di Cassazione e Giudice Tributario
LA GIURISPRUDENZA
DELLA CASSAZIONE
sulla notifica
degli accertamenti impoesattivi
(aggiornamento Marzo 2021)
1)Premessa
In
alcune recentissime sentenze (di seguito indicate) la Corte di Cassazione ha
affermato che l'art.29 del DL 78/2010 (conv. in L. 122/2010) non ha per nulla modificato la disciplina della
notificazione degli avvisi e degli altri atti da notificare al contribuente
contenuta nell'art.14 L.890/82, disposizione questa che prevede per gli atti tributari
la notifica a mezzo posta e, solo ove questa sia impossibile, la notifica a mezzo ufficiale
giudiziario.
Da
antica data, inoltre, il predetto Giudice di legittimità è altresì costante
nell'enunciazione del principio che la nullità della notificazione dell'avviso
di accertamento è sanata con l'impugnazione dell'atto dalla quale si desume
l'avvenuta conoscenza dello stesso.
Poichè
in un mio precedente studio (v. “La notificazione degli avvisi di
accertamento impoesattivi”, in data 22/7/2019, in questo stesso sito)
affermai: a) che è da ritenere
palesemente erronea la teoria giurisprudenziale secondo la quale la notificazione costituisce mera condizione di efficacia e non elemento
costitutivo dell'atto tributario impoesattivo (sia esso primario
che secondario), con conseguente irrilevanza della conoscenza dello
stesso ai fini della sanatoria; b) che la notifica diretta a mezzo posta è
consentita solo per gli atti c.d. secondari emessi successivamente alla
notifica dell'avviso di accertamento impoesattivo, ritengo opportuno
indicare con maggiore precisione i motivi per cui considero infondate le tesi
del Giudice di legittimità, tesi contrastate oltre che dalla prevalente
dottrina anche dalla giurisprudenza di merito.
2)
La recente giurisprudenza della Cassazione
Nella
sentenza n.2479/2020 il Giudice di legittimità
affermava che, anche a volere ritenere inesistente la notificazione
dell'avviso di accertamento, “in ogni caso la questione perde
rilevanza...per l'assorbente correttezza della seconda ratio, su cui si fonda
la decisione impugnata, ovvero l'avvenuta sanatoria dell'eventuale nullità
della notificazione” sanatoria
derivante dalla tempestiva impugnazione dell'avviso di accertamento e questo
perchè “...per la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le
altre, di recente, Cass. Ord. n. 21071 del 24/08/2018) in tema di atti di
imposizione tributaria, la notificazione non è un requisito di giuridica
esistenza e perfezionamento, ma una condizione integraiva di efficacia, sicchè
la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l'inesistenza
dell'atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del
contribuente, entro il termine di decadenza concesso per l'esercizio del potere
all'Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio. (in
senso conforme Cass. n.8374/ del 2015; n.2203 del 2018)”.
La
decisione trovava piena conferma nella di poco posteriore sentenza dello stesso
Giudice (sent. n. 4165/2020) nella quale era ribadito che “La nullità della
notifica della cartella esattoriale...è suscettibile di sanatoria per
raggiungimento dello scopo ai sensi degli artt. 156 e 160 c.p.c., atteso
l'espresso richiamo operato dall'art.60 del d.p.r. n.600 del 1973, alle norme
sulle notificazioni del codice di rito (Cass.384/2016; 1238/2014), e, per cui,
più in generale, la notificazione è una mera condizione di efficacia e non un
elemento dell'atto di imposizione fiscale, sicchè la sua nullità è sanata, a
norma dell'art.156, comma 2, c.p.c., per effetto del raggiungimento dello
scopo, desumibile anche dalla tempestiva impugnazione (Cass.18480/2016)”.
La
natura di mera condizione di efficacia della notificazione per gli atti di imposizione
fiscale era tesi consolidata poichè
risultante dalle precedenti concordi decisioni della Corte di Cassazione: oltre
a quelle indicate nelle sentenze di cui si è detto si vedano anche:
Ord Cass. n.1156/2019; Ord. Cass. n.17259/2017; Cass. S.U. n.19704/2015, non
senza però rilevare che trattasi pur sempre di pronunce relative ad avvisi di
accertamento emessi negli anni 2006 e 2007 e quindi aventi natura meramente
impositiva.
Come
meglio si dirà di seguito le predette affermazioni del Giudice di legittimità
sono da ritenere non più condivisibili dopo l'entrata in vigore dell'art.29 del
DL 78/2010 che ha introdotto gli atti tributari impoesattivi.
In
ordine, poi, alle modalità di notificazione degli atti tributari impoesattivi
si rileva quanto segue.
Nella sentenza n. 27634/2020 (depositata il
03/12/2020) la Corte di Cassazione
ritiene manifestamente infondato il motivo prospettato dal ricorrente il
quale aveva dedotto che erroneamente il Giudice di appello aveva considerato
legittima la notifica dell'avviso di accertamento impugnato notificato a mezzo
raccomandata postale, in tal modo violando l'art.29 DL 78/2010 che distingue
tra atti impoesattivi primari e
secondari prevedendo solo per quelli secondari la possibilità di notifica
diretta postale.
Precisa
che, anche a volere ritenere primario l'avviso di accertamento emesso
dall'A.F. ai fini dell'IRAP, dell'IRPEF
e dell'IVA (con il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni)
contenente anche l'intimazione ad adempiere, e secondario l'eventuale
successivo atto di rideterminazione degli importi, il cit. art. 29 “non
introduce alcuna distinzione tra l'uno e l'altro tipo di atto quanto a modalità
di notificazione e sicuramente nessuna limitazione per gli atti primari”.
Ricorda
che l'art.14 L. 890/82 prevede che la notificazione degli atti al contribuente
deve essere eseguita (di regola) a mezzo della posta, direttamente dagli
uffici finanziari e solo ove ciò risulti impossibile a cura degli ufficiali
giudiziari, messi comunali o messi speciali autorizzati.
Assume poi
che la predetta disposizione non è stata mai abrogata o modificata dal
cit. art.29, onde allo stato della vigente legge deve ritenersi inalterata la
facoltà dell'amministrazione finanziaria di procedere alla notifica degli atti
tributari secondo le modalità previste dal cit. art. 14 o dalle singole leggi d'imposta.
Afferma
in conclusione che il cit. art.29 attribuisce all'amministrazione finanziaria
la facoltà di effettuare la notificazione degli atti “in cui siano
rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento” emanati
successivamente a questo “anche mediante raccomandata con avviso di
ricevimento”, senza però incidere sulla notificazione degli avvisi primari
vietandone la notifica diretta a mezzo posta.
Per
confortare la tesi sostenuta indica la precedente sentenza (Cass 29642/19)
nella quale si affermava espressamente la legittimità della notifica degli
avvisi di accertamento mediante il diretto utilizzo della raccomandata postale
con conseguente esclusione della necessità della relata di notifica.
3)
La legislazione vigente
Come
già rilevai nel mio precedente studio sulla notifica dei cosiddetti accertamenti
impoesattivi, l'art.29 del DL n.78/2010, nel primo comma, dopo avere
ben premesso che esso disciplina le attività di riscossione relative agli
avvisi di accertamento ed ai successivi atti di rideterminazione degli importi
dovuti emessi a partire dal 1 ottobre 2011 e in corso alla data del 31 dicembre
2007, alla lettera a) dispone che gli avvisi di accertamento emessi
dall'Agenzia delle Entrate ai fini dell''IRPEF, dell'IRAP e dell'IVA,
congiuntamente al connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni, “devono
contenere anche l'intimazione ad adempiere, all'obbligo di pagamento
degli importi negli stessi indicati, ovvero, in caso di tempestiva proposizione
del ricorso ed a titolo provvisorio, degli importi stabiliti dell'art.15 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.602. L'intimazione
ad adempiere al pagamento è altresì contenuta nei successivi atti da
notificare al contribuente, anche mediante raccomandata con avviso di
ricevimento, in tutti i casi in cui siano rideterminati gli importi dovuti
in base agli avvisi di accertamento ai fini delle imposte.....”
Nella
successiva lettera b), del medesimo primo comma, è poi espressamente disposto
che “gli atti di cui alla lettera a) divengono esecutivi decorso il
termine utile per la proposizione del ricorso e devono espressamente recare
l'avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento,
la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di
iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli agenti della riscossione, anche
ai fini dell'esecuzione forzata, con le modalità determinate....”.
Prima
di esporre i motivi per i quali, in base ad una corretta interpretazione delle
disposizioni sopra indicate, non sono da ritenere condivisibili le sentenze
della Cassazione nella parte in cui si afferma che la notifica degli
accertamenti impoesattivi può essere effettuata anche direttamente dall'ente
impositore mediante l'uso della raccomandata postale e che eventuali nullità della notifica
possono subire sanatoria per l'avvenuta conoscenza dell'atto da parte del
contribuente, è bene precisare che con la Legge n.160/2019 (c.d. legge di
bilancio 2020) è stato riformato il sistema di riscossione anche per le entrate
locali.
Infatti
con l'art.1 della Legge citata, commi
da784 a 815, l'istituto dell'accertamento impoesattivo è stato esteso alle
entrate tributarie (IMU, TARI, TOSAP, imposta sulla pubblicità ecc.) ed alle
entrate patrimoniali (oneri di urbanizzazione, rette di asilo ecc.) degli enti
locali, quali Province, Città metropolitane, Comuni, Comunità montane, Unioni
di Comuni e Consorzi tra gli enti locali, con esclusione delle Regioni che
pertanto dovranno continuare ad utilizzare, per la riscossione delle entrate
tributarie, le ingiunzioni di pagamento.
In
particolare è previsto che gli avvisi di accertamento tributario e gli atti
finalizzati alla riscossione delle entrate patrimoniali degli enti predetti,
nonché i connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, emessi dal 1
gennaio 2020 devono contenere tra l'altro, l'intimazione ad adempiere
entro il termine di presentazione del ricorso (o in giorni 60 dalla notifica
dell'atto di riscossione per le entrate patrimoniali) all'obbligo del pagamento
degli importi indicati, oppure, in caso di proposizione del ricorso,
l'indicazione delle disposizioni per le sanzioni tributarie, nonché l'indicazione
che essi sono titoli esecutivi,
idonei ad attivare le procedure esecutive (pignoramento) e cautelari
(ipoteca o fermo di beni mobili registrati).
Molto
più semplicemente con le disposizioni citate è stato introdotto l'istituto
dell'accertamento impoesattivo anche per le entrate degli enti locali
sopra precisati.
E'
opportuno, a questo punto, indicare anche le disposizioni di legge che
regolamentano la notificazione degli atti tributari, quantomeno nelle parti che
rilevano con riferimento agli avvisi di accertamento impoesattivi.
L'art.60
del DPR 600/73, che disciplina le notificazioni in materia di IRPEF
(applicabile anche all'IRAP e all'IVA ex art.56 DPR 633/72) testualmente
dispone che “La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge
devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite
dagli artt.137 e seguenti del codice di procedura civile, con le seguenti
modifiche: a) la notificazione è eseguita dai messi comunali ovvero dai messi
speciali autorizzati dall'ufficio;...”.
E' di seguito precisato che la notifica può
essere effettuata a mezzo PEC per le imprese e i professionisti iscritti in
albi o elenchi istituiti con legge dello Stato.
L'art.
137 c.p.c. dispone che “Le notificazioni, quando non è disposto altrimenti,
sono eseguite dall'ufficiale giudiziario su istanza di parte....”.
L'art.14
della Legge n.890/82 dispone che “La notificazione degli avvisi e degli
altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente deve avvenire
con l'impiego di plico sigillato e può eseguirsi a mezzo della posta
direttamente dagli uffici finanziari, nonché, ove ciò risulti impossibile, a
cura degli ufficiali giudiziari, dei messi comunali ovvero dei messi speciali
autorizzati dall'Amministrazione finanziaria, secondo le modalità previste
dalla presente legge. Sono fatti salvi i disposti di cui agli artt.26, 45 e
seguenti del DPR 29 settembre 1973, n.602 e 60 del DPR 29 settembre 1973,
n.600, nonché le altre modalità di notifica previste dalle norme relative alle
singole leggi d'imposta”.
4)
La non condivisibile giurisprudenza della Cassazione sugli accertamenti
impoesattivi
Come
già affermai nel mio precedente commento (v. par.1) il nuovo avviso di accertamento
impoesattivo, diversamente dal vecchio avviso di accertamento che aveva
solo funzione impositiva (portava a conoscenza del contribuente
l'esistenza del debito tributario chiedendone il versamento) cumula la
triplice funzione di atto impositivo, titolo esecutivo e precetto poiché oltre
ad indicare l'entità del tributo richiesto, contiene altresì (cit. art.29,
primo comma lett.a) “l'intimazione ad adempiere, entro il termine di
presentazione del ricorso, all'obbligo di pagamento...”, nonché (art.29,
primo comma, lett.b) “l'avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine
ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste, in deroga alle
disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli agenti
della riscossione anche ai fini dell'esecuzione forzata...”.
Come
è fin troppo evidente la notificazione, nel caso dell'avviso di accertamento
impoesattivo, costituisce non già un elemento di mera efficacia ma un vero e
proprio elemento costitutivo dello stesso, dal che consegue che il difetto di
notifica non comporta soltanto un difetto di conoscenza dell'avviso predetto ma
un vero e proprio difetto di esistenza di esso.
In
proposito non sembra superfluo ricordare
che l'art. 480 c.p.c. afferma che “Il precetto (che non è altro che
l'intimazione al debitore di adempiere l'obbligo risultante dal titolo
esecutivo ndr) deve contenere, a pena di nullità, ...data di notificazione
del titolo esecutivo”.
Molto
più semplicemente è possibile affermare che in difetto di notifica manca il
precetto (costituito, all'epoca dell'avviso di accertamento meramente
impositivo, dalla cartella notificata
successivamente al primo) ovvero uno degli elementi necessari per l'esistenza
dell'avviso impoesattivo ( art.29 cit) che, a sua volta, presuppone
l'avvenuta notifica del titolo esecutivo.
Poichè
peraltro nell'avviso di accertamento impoesattivo non è possibile scindere la
funzione accertativa da quella esattiva, attesa l'unitarietà dell'atto,
consegue che, in difetto di notifica, la mera conoscenza (o conoscibilità
dell'atto) manifestata mediante la tempestiva proposizione del ricorso, non
consente in alcun modo la sanatoria prevista dall'art.156 c.p.c., risultando
pur sempre carenti i requisiti di esistenza dell'atto impoesattivo, poiché non
è certo possibile che con l'impugnazione, conseguente all'avvenuta conoscenza
dell'atto, sia attribuita l'esecutività all' atto stesso.
E'
questo un principio affermato dalla prevalente dottrina nonché dalla quasi
concorde giurisprudenza di merito (v. CTP Messina n.268/17; CTP La Spezia
n.616/14;; CTP La Spezia n.971 e n. 1261 del 2015; CTR Piemonte n.757/19; CTR
Lombardia n.4314/18).
Da
quanto sopra esposto risulta palese l'erroneità delle affermazioni contenute
nella sentenza della Corte di Cassazione n.2479/20 (v. par.1) secondo cui la
piena conoscenza da parte del contribuente (manifestata con l'impugnazione)
dell'atto impoesattivo comporta “l'avvenuta sanatoria dell'eventuale nullità
della notificazione”.
Ovviamente
le argomentazioni esposte, che inducono ad escludere che la mera conoscenza
dell'avviso di accertamento impoesattivo possa sanare il difetto di
notifica, valgono anche per i successivi atti, anch'essi impoesattivi,
da notificare al contribuente “anche mediante raccomandata con avviso di
ricevimento”, poiché trattasi pur sempre di atti impoesattivi, anche
se la legge ne consente la notifica diretta, da parte dell'ente impositore, a
mezzo raccomandata postale. Pertanto anche per essi la notificazione (a mezzo
agente notificatore o anche direttamente a mezzo posta) deve essere considerata
elemento costitutivo e non di mera efficacia.
Non
sembra superfluo, inoltre, evidenziare che sono del tutto irrilevanti i
precedenti giurisprudenziali indicati nella predetta sentenza, ovvero le
sentenze n.8374/2015, 2107/18 e n.2203/2018, trattandosi di giurisprudenza
avente per oggetto avvisi di accertamento meramente impositivi poiché emessi in data antecedente al 1
ottobre 2011 (entrata in vigore dell' avviso di accertamento e dei
successivi atti impoesattivi).
Del
pari erronea si rivela la successiva sentenza del Giudice di legittimità (sent.
n.27634/2020 v. par.1) laddove si afferma che, anche a volere ritenere primario
l'avviso di accertamento
impoesattivo e secondari i successivi atti nei quali sono rideterminati
gli importi indicati nel primo, l'art. 29 DL 78/2010 “non introduce alcuna
distinzione quanto a modalità di notificazione e sicuramente nessuna
limitazione per gli atti primari”.
Premesso,
infatti, che anche in questa sentenza,
per confortare le erronee affermazioni, è indicato un precedente giudiziario
(Cass.29642/19) che ha riferimento ad un avviso di accertamento meramente
impositivo in quanto emesso anteriormente alla data del primo ottobre 2011
(entrata in vigore del cit. art.29), si osserva quanto segue.
E'
certamente vero che anche gli atti secondari, ovvero quelli emessi
successivamente alla notificazione dell'avviso di accertamento primario,
in quanto contenenti anch'essi l'intimazione
ad adempiere, condividono la natura impoesattiva dell'avviso di
accertamento primario, ma non è in alcun modo condivisibile
l'affermazione secondo cui l'art.29 cit.
“non introduce alcuna distinzione tra l'uno e l'altro tipo di atto quanto a
modalità di notificazione”.
Invero
dal testuale disposto dell'art.29 cit., comma primo, secondo periodo, risulta
che “L'intimazione ad adempiere al pagamento è altresì contenuta nei
successivi atti da notificare al contribuente anche mediante raccomandata
con avviso di ricevimento....”.
Orbene,
se fosse vero, come afferma la Corte di Cassazione, che la notifica diretta per
posta è consentita non solo per gli atti secondari, ma anche per l'avviso
di accertamento primario, la disposizione non avrebbe alcun senso logico,
laddove è agevolmente spiegabile ove ad essa sia data la corretta
interpretazione secondo cui la notifica diretta a mezzo posta è consentita (ma
non imposta perchè alternativa a quella mediante agente notificatore)
unicamente per gli atti, anch'essi impoesattivi, con cui sono rideterminati
gli importi dovuti in base al primo avviso di accertamento impoesattivo originario
per il quale invece, evidentemente, la notifica non è ammissibile per posta ma
deve avvenire unicamente tramite i soggetti notificatori indicati dall'art.60
DPR n.600/73 e 137 c.p.c. trattandosi di provvedimento di rilevantissimi
effetti con il quale per la prima volta: a) viene avvertito il contribuente
dell'esistenza del debito tributario (funzione del vecchio avviso di
accertamento); b) viene notificata l'esistenza del titolo esecutivo (ruolo
firmato); c) viene intimato al contribuente di adempiere all'obbligo del
pagamento entro il termine indicato avvertendolo che in difetto si procederà
all'esecuzione forzata (funzione della cartella/ precetto).
Per
gli atti impoesattivi secondari la legge consente (senza imporre) la
mera formale notifica a mezzo posta (avente pur sempre, come già precisato,
efficacia costitutiva dell'atto) poiché essi, proprio in quanto secondari
non sono altro che una replica di quello primario del quale si limitano
a rideterminare in minus l'importo richiesto, rideterminazione
effettuata in esito a eventuale conciliazione, adesione o sentenza del Giudice
tributario.
E'
questa la corretta interpretazione della lettera e della ratio della
legge onde la notifica diretta a mezzo posta di un atto impoesattivo primario,
in quanto vietata dalla legge, comporta la giuridica inesistenza
dell'atto stesso e l'improduttività di ogni effetto attesa la sua natura
costitutiva e produttiva degli effetti dell'atto la cui ricettizietà va intesa in senso stretto (così
anche CTR Piemonte 757/2019 e CTR Lombardia 4314/2018).
Invero
la predetta stretta ricettizietà dell'avviso di accertamento impoesattivo comporta
che il vizio della notifica non limita i suoi effetti alla notifica intesa nel
senso di trasmissione di un atto già perfezionato ai fini della conoscenza, ma
costituisce elemento costitutivo e di perfezionamento dell'atto stesso il che
rende impossibile ogni eventuale sanatoria per raggiungimento dello scopo
mediante l'impugnazione dalla quale è desumibile unicamente la conoscenza di un
atto.
In
conclusione non sembra superfluo osservare che nella sentenza n.27634/2020 la
Corte di Cassazione, invece di affermare apoditticamente che l'art. 29 cit. non
introduce alcuna distinzione tra l'avviso
di accertamento impoesattivo e gli atti successivi “quanto a modalità di notificazione”,
limitandosi ad osservare che l'art.14 L.890/82 prevede espressamente la
notifica per posta degli atti tributari e che “Tale disposizione non è stata
abrogata e nemmeno derogata dall'art. 29 DL 78/2010”, avrebbe dovuto
spiegare il significato logico della disposizione dell'art.29, di cui si è
detto, che prevede solo per gli atti successivi all'accertamento impoesattivo
la possibilità che siano notificati al contribuente “anche mediante
raccomandata con avviso di ricevimento”.
Come
già rilevato, infatti, la più formale modalità di notifica a mezzo agente
notificatore (con obbligo della relazione) per gli avvisi impoesattivi
primari si giustifica in
considerazione dei più devastanti effetti che essi hanno per i contribuenti,
nonché per le maggiori garanzie di certezza, anche per l'ente impositore,
rispetto alla meno formale notifica diretta a mezzo posta prevista per gli atti
secondari che non sono altro che
repliche dei primi atti con l'unica modifica dell'importo del tributi
richiesti.
Proprio
in considerazione di tali diversità il legislatore, con il cit. art. 29, ha in
effetti modificato l'art.14 L. 890/82 consentendo la notifica diretta a mezzo
posta solo per gli atti tributari successivi alla notifica dell'avviso di
accertamento.
Giuseppe Di Nardo